Fausta Chiesa | Corriere Economia

Agenda digitale, fondi europei, ma soprattutto 'spending review'.

Per la sfide che la pubblica amministrazione deve affrontare, cruciali per il ritorno alla crescita, le società di consulenza si offrono come partner. La spesa pubblica dal 2008 al 2011 è salita di 21 miliardi (dati Banca d'Italia). Esclusi investimenti, interessi, pensioni e prestazioni sociali, è aumentata di 9 miliardi. 'Ogni anno — sostiene Ezio Lattanzio, presidente di Confindustria Assoconsult, l'associazione che riunisce le società di consulenza in Confindustria — si parla di revisione della pubblica amministrazione e ogni anno si arriva all'approvazione del bilancio statale senza avere tempo per una riforma organica'.

La sfida
E' evidente che i tagli indiscriminati non bastano, se non sono accompagnati da processi di riorganizzazione, come la riduzione o l'accorpamento di uffici. 'In tutti gli Stati europei la pubblica amministrazione individua gli sprechi e taglia le spese in eccesso in maniera selettiva — continua Lattanzio —. Per farlo, è necessaria una profonda ristrutturazione dei processi interni, delle competenze e dei modelli gestionali. L'esperienza internazionale, vedi il caso del Regno Unito con Margaret Thatcher, mostra che in tutti i grandi processi di riforma la consulenza di management ha svolto un ruolo primario, perché portatrice di innovazione e di confronto con altre realtà. Il punto non è cancellare alcuni capitoli di spesa. Oltre a ridurre gli sprechi e a ottimizzare gli acquisti, la parte più corposa della spending review è il funzionamento della macchina amministrativa. Su questo bisogna lavorare, se non si vogliono ridurre i servizi a cittadini e imprese'.
Così come a livello manageriale potrebbero essere gestiti i fondi europei, finora sprecati in gran quantità. 'Sono una delle grandi opportunità che il Paese non riesce a valorizzare
appieno — lamenta Lattanzio—perché la pubblica amministrazione non riesce a utilizzarli tutti e, quando li usa, il ritorno come sistema è inferiore alle potenzialità che potrebbero avere. Le difficoltà tipiche sono l'organizzazione delle risorse e la programmazione e le società di consulenza possono dare ima mano. Negli altri Paesi europei funziona così. Invece, in Italia si vocifera che sia allo studio per la prossima programmazione europea di centralizzare l'attività di assistenza tecnica alla gestione di fondi strutturali in un'agenzia statale, oggi svolta dalle Regioni e dai ministeri che gestiscono i fondi attraverso gare'.

Tagli
L'offerta da parte del management consulting potrebbe sembrare un paradosso: proprio a causa della revisione della spesa statale, la domanda pubblica in consulenza sta iminuendo.
Ma nemmeno la legge sulla pubblica amministrazione, approvata di recente, che prevede un interiore giro di vite sulle consulenze esterne (il cui tetto di spesa per il 2014 passa dal 90% al 75 per cento ), spaventa il settore. Anzi, Confindustria Assoconsult auspica ben ulteriori tagli. 'Le stime delle spese in consulenza nella pubblica amministrazione — afferma Ezio Lattanzio — parlano di due miliardi, ma in realtà potrebbero essere il doppio. Di queste spese, non soltanto si può tagliare il 50 per cento, ma arrivare fino all'80 per cento. E con il valore rimasto, il 20% della spesa di oggi, si potrebbe riformare l'intera struttura'. Dunque da parte del settore della consulenza manageriale non ci sono obiezioni al contenimento della spesa delle cosiddette consulenze. Anzi 'Per il 90% dei casi — afferma Lattanzio — si tratta di incarichi a singoli individui. Una spesa polverizzata, che non ha grande ritorno di valore aggiunto. Alla consulenza manageriale rimane il 10% del mercato. Il punto è che si deve canalizzare la spesa all'offerta strutturata di qualità. Il pubblico può tagliare anche di più, ma quello che non taglia deve spenderlo bene'. E per spendere bene basta mettere a gara e rendere trasparente il meccanismo di assegnazione delle consulenza. Altra 'pecca' italiana è il fenomeno cosiddetto 'in-house', per cui la pubblica amministrazione crea struttine di consulenza interne a cui affida gli incarichi, senza controllo e concorrenza. 'In pratica, compra consulenza da se stessa — commenta Lattanzio —. In altri Paesi come in Germania, il ricorso all'in-house è possibile soltanto se più economico rispetto alle alternative di mercato'.

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